Il ruolo dell'ambiente e dell'Architetto del Paesaggio sulla salute umana.
- Luca Borro
- Sep 14
- 7 min read

Se l'Architetto, con la sua capacità di plasmare e modellare gli spazi abitati ha un ruolo sociale altissimo (anche se e troppo spesso poco riconosciuto e valorizzato) l'Architetto del Paesaggio che progetta e trasforma gli spazi aperti e gli ambienti naturali incide profondamente sulla salute e sul benessere dell'uomo.
La progettazione paesaggistica condiziona molto il benessere psicofisico, la salute mentale, la salute fisica, il comfort sensoriale e la qualità di vita delle persone e lo fa considerando i principi rigorosi della scienza con la creatività e l'estetica. Per questi motivi e per il ruolo importantissimo dell'Architettura del Paesaggio sulla salute umana sto attentamente valutando l'opportunità di conseguire una laurea specialistica in Architettura del Paesaggio che mi piacerebbe unire alle mie competenze già acquisite di Architetto e di Biologo (informazione "a latere" probabilmente di scarso interesse per il lettore), ma a parte questo andiamo avanti...
Secondo un rapporto di Greenpeace trascorrere almeno 2 ore a settimana a contatto diretto con l'ambiente naturale migliora lo stato di salute, benessere e la qualità di vita. Trascorrere invece 30 minuti in uno spazio aperto riduce immediatamente stress, ansia,fatica, sensazioni di frustrazioni e rabbia migliorando le prestazioni cognitive e aumentando la sensazione di felicità e soddisfazione delle persone. Tutto questo è abbastanza scontato e ormai ampiamente confermato anche in molti altri studi scientifici e ne ho ampiamente parlato in altri articoli su queste pagine oltre ad aver pubblicato un eBook scaricabile gratuitamente su questo tema (lo trovi cliccando qui).
La stessa OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) con il programma Urban Green Spaces pubblicato nel 2016 a Copenaghen che promuove città più sane e vivibili basandosi anche sui principi della Biofilia. Tra gli obiettivi di questo programma c'era quello di affrontare rilevanti problemi di salute pubblica (es. obesità, malattie cardiovascolari, malattie mentali, diabete di tipo 2, cancro) che finiscono per aumentare i costi dell'assistenza sanitaria. Molte di queste malattie infatti sono legate allo stress cronico e a fattori legati allo stile di vita tra cui l'insufficiente livello di attività fisica. Gli spazi verdi urbani sono considerati come un approccio preventivo, ossia "a monte", che può essere molto rilevante per affrontare questi problemi.
In questo documento, interessante, l'OMS raccomanda di fatto che ogni abitante abbia accesso a un'area verde entro 300 metri dalla propria abitazione riconoscendo di fatto il diritto a fruire quotidianamente della natura. Gli spazi verdi in questione, secondo OMS, dovrebbero avere una dimensione minima di 0.5 ettari (come indicatore principale) o di 1 ettaro (come indicatore aggiuntivo consigliato). C'è da dire che questo indicatore di "accessibilità al verde" è stato sviluppato anche per monitorare i progressi verso impegni internazionali mirati a migliorare il rapporto uomo-natura come la Dichiarazione di Parma del 2010 che mirava letteralmente a "fornire a ogni bambino l'accesso a spazi verdi in cui giocare e svolgere attività fisica entro il 2020".
Secondo Juo e Sullivan, 2001 la presenza di alberature e vegetazione verde visibile dalle abitazioni riduce i livelli di aggressività e disagio mentale negli abitanti rispetto a chi vive in edifici senza viste sulla natura. Sulla scia di queste raccomandazioni generali il Nature Based Solutions Institute ha ideato una ulteriore semplificazione di "indicazione" di accesso al verde in grado di permettere agli abitanti di capire se hanno oppure no un facile accesso al verde. Si tratta della regola del 3-30-300 che significa:
da ogni casa si dovrebbero vedere almeno 3 alberi;
Il quartiere in cui si vive dovrebbe avere almeno il 30% di copertura arborea;
non bisognerebbe vivere a più di 300 metri di distanza dal parco più vicino.

Alcune città del mondo hanno fissato obiettivi per raggiungere proprio l'obiettivo del 30% di copertura con spazi verdi, tra queste città troviamo Barcellona, Bristola, Canberra, Seattle, Vancouver. La legislazione europea, tramite la legge chiamata Nature Restoration Law raccomanda in realtà una copertura arborea minima del 10% per le città europee.
Tutto questo mi porta automaticamente a citare ancora una volta la Teoria del Ripristino dell'Attenzione elaborata da Kaplan & Kaplan nel 1989 che si basa sul fatto che tutti noi, in quanto esseri umani, avremmo una "fascinazione" innata per la natura che è intrinsecamente presente in noi in quanto siamo continuamente catturati da stimoli naturali che non richiedono alcuno sforzo per essere elaborati. Questo permette alla nostra mente di riposare e soprattutto di recuperare la capacità di attenzione volontaria (che è il contrario della distrazione) che invece è un'attività che richiede molto sforzo per essere attuata.
Il paesaggio è portatore di "memoria"
Gli elementi naturali e costruiti (un filare di alberi, una piazza, un sentiero di campagna, un muretto con pietre a vista) che ruolo hanno per l'uomo? Sono tutti elementi in grado di custodire una memoria e di portare con se delle tracce di chi ci è stato prima di noi. Le persone hanno la capacità di "riconoscerci" in queste tracce e nei segni che il paesaggio porta con se e di trasformare la loro esperienza di abitare la natura nell'importante fenomeno dell'attaccamento al luogo. Il paesaggio fornisce un'ancora identitaria, un sentimento di continuità e di radicamento che contribuisce inevitabilmente alla salute psicofisica delle persone. D'altronde basti pensare a come una persona può sentirsi quando può guardare un panorama che gli è familiare oppure quando può partecipare ad attività che mettono la persona a diretto contatto con il paesaggio naturale a rievocare attività della nostra storia (es. la vendemmia, la passeggiata domenicale tra i sentieri di campagna oppure in un paesaggio naturale). Nel paesaggio vivono i nostri legami sociali che al paesaggio sono indissolubilmente legati.
Da questo deriva il fatto che chi ha l'arduo compito di trasformare, modellare, plasmare, modificare un paesaggio ha una responsabilità enorme non solo sotto il punto di vista tecnico ma anche e soprattutto dal punto di vista sociale con l'obiettivo di preservare l'identità dei luoghi e la loro capacità di portare con se la memoria.
Il ruolo dell'Architetto del Paesaggio nella complessità urbana del vivibile
Le nostre città affrontano quotidianamente sfide molto complesse dovute all'inquinamento, al sovraffollamento, alla presenza di aree degradate e alla carenza di spazi vivibili. L'architetto del paesaggio si inserisce in questo difficile contesto come un vero e proprio "medico dell'ambiente naturale" capace di analizzare e rigenerare tessuti urbani compromessi, poco efficienti spesso invivibili al fine di restituire bellezza e funzionalità a spazi e luoghi fin troppo spesso dimenticati.
Posto che l'Architetto del Paesaggio ha competenze trasversali che vanno dalla scienza delle costruzioni alla progettazione architettonica che coinvolge la piccola scala (Piccoli Giardini Privati) e la grande scala (rigenerazione di grandi spazi e ambienti naturali) la rigenerazione urbana sicuramente è uno dei campi in cui i paesaggisti hanno ottenuto risultati oltremodo straordinari: basta pensare a quante aree urbane dismesse sono rinati con parchi, giardini pubblici, percorsi pedonali e ciclabili. Giusto per guardare velocemente oltre oceano possiamo citare la High Line di New York una vecchia ferrovia sopraelevata trasformata tra il 2009 e il 2014 dal paesaggista James Corner Field in un parco lineare con 2,4 km di giardini popolati da oltre 500 specie di piante e alberi vissuti ogni giorno da migliaia di persone che possono così passeggiare tra installazioni artistiche inserite nel contesto naturale, eventi e scorci panoramici sulla città. Vi lascio alcune immagini (Fonte: area.arch.it)




Se volessimo invece guardare all'interno del nostro paese ci sarebbero tantissimi esempi di lavori di Architettura del Paesaggio che meriterebbero di essere citati ma ovviamente non posso citarli tutti per evitare di allungare oltremodo questo articolo (la lettura oggi come oggi è un'attività che viene svolta sempre più spesso in velocità e quindi articoli troppo lunghi non sono il massimo per il lettore di un blog online).
Voglio però portare all'attenzione dei miei lettori uno dei più rilevanti (a mo avviso) esempi emblematici della capacità del paesaggista di generare benessere attraverso interventi ponderati sul paesaggio.
Parliamo della riqualificazione postindustriale di Parco Doria a Torino.
Parco Dora a Torino
Questo parco sorge su una vasta area un tempo occupata dagli stabilimenti Fiat e Michelin successivamente trasformata in un progetto innovativo dal paesaggista Peter Latz (Studio Latz and Partners) che ha saputo fondere la natura e l'archegologia industriale in uno spazio pubblico contemporaneo. Il progetto è stato realizzato tra il 2004 e il 2011, anno della sua inaugurazione. Probabilmente è uno dei progetti più rilevanti di trasformazione urbanistica post-industriale con i suoi 358.000 metri quadrati di superficie.
E' nel 2003 che viene realizzato lo studio di fattibilità del futuro parco redatto con la consulenza paesaggistica di Peter Latz. Al concorso di progettazione bandito nel 2004 arrivano 7 proposte tra le quali vinse quella del gruppo composto da Latz e Partner + Studio Cappato, Gerd Pfarrè, Ugo Marano e Studio Pession Associato. Dopo l'approvazione del progetto preliminare nel 2005 e del progetto definitivo nel 2007 il parco entra a far parte delle opere destinate a celebrare i 150 anni dell'Unità di Italia. I cantieri si aprono nell'estate del 2008 e in poco meno di tre anni (nella primavera del 2011) il parco è in buona parte pronto ad accogliere i cittadini.
Ecco la planimetria dell'area di progetto del Parco Dora rappresentata con un fotoinserimento aereo dell'area:

Il parco conserva elementi simbolo del passato industriale quali i grandi pilastri in acciaio, capannoni e torri di raffreddamento che però sono stati integrati con nuovi spazi verdi, percorsi pedonali, piazze e aree per eventi. Il fiume Dora Riparia che originariamente era coperto da platee di cemento è stato in parte riaperto e rinaturalizzato diventando un asse portante del progetto di rinascita di Torino come "Città dell'Acqua". I temi chiave del progetto sono stati proprio l'integrazione del parco con il corso d'acqua, la metamorfosi funzionale ed estetica delle pre-esistenze industriali che sono state conservate e soprattutto la riconnessione dell'area di progetto con il tessuto urbano circostante. Questo progetto ha ottenuto un'ampia risonanza in Italia e anche all'estero vincendo ad esempio il premio The International Architecture Award 2012 come miglior progetto di riqualificazione urbana e l'European Garden Award 2017 premio per parchi e giardini più innovativi in Europa.
Vi lascio una galleria di immagini prese dal sito dello studio Latz+Partner (notare l'uso dell'acqua nel progetto).
























Comments